Cevo, il sentiero celtico

Cevo, sentiero celtico

È un itinerario archeologico–ambientale, realizzato dall’Associazione “Amici del sentiero etrusco celtico”, che si inserisce armonicamente nel percorso naturalistico della Valsaviore. E’ un trekking affascinante, che conduce i visitatori alla scoperta dei luoghi in cui, millenni or sono, popolazioni preistoriche svilupparono la propria cultura, basata sul rapporto tra uomo e natura. Il sentiero offre reperti e testimonianze archeologiche interessanti: megaliti e incisioni rupestri che rievocano la memoria di culti ancestrali, legati soprattutto al serpente, alle acque, alle stelle e alla ciclicità della natura e della vita.

La presenza celtica

I Celti erano una popolazione originaria dell’area a nord delle Alpi che si stanziò nella valle del Po nel IV secolo a.C. Vivevano in piccole comunità dedite all’agricoltura, all’allevamento e alla lavorazione del bronzo e, successivamente, del ferro. Infatti, l’evoluzione della metallurgia del ferro, permise loro di fabbricare pregevoli asce, falci e altri attrezzi che facilitarono la lavorazione del terreno.

Da questo punto di vista Cevo rappresentava un luogo particolarmente adatto all’insediamento. Dal dosso dell’Androla si domina la Valle Camonica e ciò rende la Valsaviore particolarmente difendibile. Inoltre sono presenti miniere di ferro e rame e, a dispetto dell’altitudine, il clima è particolarmente mite e soleggiato. I terreni fertili di località Molinello e delle aree adiacenti hanno consentito, fino al recente passato, la coltivazione di frumento, segale, orzo e l’allevamento di animali (attualmente riproposti in forma sperimentale e dimostrativa). Questi elementi propizi contribuiscono a rafforzare l’ipotesi che siano esistiti insediamenti fin dalla preistoria

La Valle Camonica è stata un’importante via di comunicazione tra le colonie etrusche della valle del Po e i territori transalpini. Alcune iscrizioni ritrovate nella zona sono attribuibili al cosiddetto “alfabeto reto – etrusco“, per la somiglianza di alcuni caratteri con quelli etruschi, ma è più propriamente denominato “alfabeto camuno” o “alfabeto di Sondrio“.

Il colle dell’Androla

Il colle dell’Androla si presenta, da molti punti di vista, come un probabile luogo di culto preistorico e di osservazione del cielo. Gli indizi per tale ipotesi sono molteplici, a cominciare dalla collocazione geografica. Il dosso è infatti in una posizione panoramica che domina a 360 gradi la Valle Camonica, la Valsaviore e le montagne circostanti. Questo fatto, oltre a farne un naturale punto di osservazione a scopi difensivi, ne consente l’utilizzo a fini astronomici (riferimenti solari, lunari, stellari).

La cappella settecentesca può testimoniare il forte valore simbolico del colle. Le grotte, sfruttate come cave di rame, hanno dato luogo a leggende e credenze. In proposito il Morandini scrive:

“[…] Esaurite ed abbandonate le cave rimasero le gallerie profonde e paurose. Ebbene: quel popolo che immaginò un serpente dall’anello d’oro, a cui nessuno osò mai avvicinarsi perché annientava collo sguardo, popolò anche quelle gallerie di streghe. Queste fantastiche creature paurose, durante l’infuriare dei temporali, uscivano dai loro domini sotterranei e ballavano sotto le intemperie, sui prati dell’Androla le più strane ridde infernali”. (A. Morandini, “Folklore di Valcamonica: leggende, tipi, usi, costumi”, Ed. Camuna, 1927).

Dal racconto si evincono tre elementi importanti: l’esistenza di cave di rame, il riferimento ad un “popolo del serpente” e la presenza delle streghe. Cave di rame e streghe danzanti al suono dei tuoni potrebbero essere connesse. Il minerale metallico di cui è composto il Colle dell’Androla, infatti, per sua natura attira numerosi fulmini (le streghe che ballano?). La tradizione vuole che le streghe fossero le custodi del serpente dall’anello d’oro, che aveva la sua sede nelle grotte. Il serpente è un elemento di grande importanza per lo studio delle tradizioni locali e per l’identificazione dei possibili culti antichi. Infatti a Andrista, il borgo ai piedi del dosso dell’Androla, è ancora viva la tradizione del Basilisc.

Il Molinello

La località Molinello si presenta come un nemeton, con una serie sovrapposta di antichi terrazzamenti con muri a secco, presso i quali si trovano pietre posizionate in modo tale da far pensare a tombe, dolmen, menhir spezzati e cerchi megalitici. Una serie di pietre orientate e nelle quali sono stati ricavati dei traguardi triangolari, indicano un percorso che collega il Molinello alla fonte ferruginosa. All’incirca a metà percorso si trova un masso, chiaramente intagliato, la cui forma ricorda la testa di un serpente, ai piedi del quale è evidente un gradino di pietra. Considerate le leggende popolari legate al serpente, non è da scartare l’ipotesi che questo masso potesse essere un altare, posto a metà strada tra i cerchi megalitici e la fonte ferruginosa. Fino a tempi recenti Molinello è stato meta di annuali processioni che si snodavano per la “Viasa üsca” e, come è noto, le tradizioni rituali cristiane si sono spesso sviluppate nei luoghi nei quali preesistevano antiche ritualità pagane.

Fonte ferrugginosa

A Nord-Ovest della località Molinello si trova una fonte ferruginosa. La presenza della fonte consente di ipotizzare un utilizzo di Molinello per pratiche di antiche cure (i druidi erano abili erboristi e altrettanto abili medici, inoltre molte fonti sacre erano usate per cure idropiniche). Non sorprende che questa sorgente potesse rappresentare un sito sacro in cui avvenivano rituali legati all’acqua ed alle sue proprietà terapeutiche.

Nota

Quanto sin qui descritto è solo la parte centrale del sentiero etrusco celtico, il quale, nelle sua completezza prende avvio a Nord del colle dell’Androla per raggiungere, passando sotto le antiche miniere, il Molinello e poi il “Dosso Merlino” di Saviore, dove nell’antichità sorgeva un castello. Le altre sezioni del sentiero attualmente sono percorribili solo in parte, in quanto necessitano di opere di consolidamento strutturale e di messa in sicurezza.

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